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Castagnaccio
Ogni volta che in casa facciamo il castagnaccio, che per me resta
sempre il migliaccio, mi vengono in mente tempi lontani.
Tempi di guerra, purtroppo. Intorno al 1943 c'era ben poco da mangiare
ed il Babbo, che a quell'epoca aveva una bottega di ortolano
in via Michele Amari, preparava il castagnaccio per la vendita.
La mattina vendeva quelle poche mele che era riuscito a trovare
al mercato ortofrutticolo di S. Ambrogio e, al pomeriggio,
riapriva bottega per vendere il migliaccio con la fila della
gente fuori, che lo acquistava a per la cena.
Abitavamo allora in via Aurelio Saffi e il migliaccio si preparava a
casa.
In grandi pentole il Babbo, aiutato da Mamma, stemperava la
farina dolce (di castagne), sempre ben attento a che non si
formassero grumi; poi sistemava l'impasto in grandi teglioni
da fornaio, mestiere che il Babbo aveva sempre fatto. Con
appena un filo d'olio e un po' di sale il migliaccio era già
fatto, perché a quell'epoca non c'erano certamente
i pinoli o le noci, tantomeno l'uvetta...
Poi con il carretto che si usava al mattino per andare in
"piazza", si portavano i teglioni al forno per la
cottura. Il forno dal quale il Babbo usava era di un panificio
vicino, quello del Tozzi, in via S. Gervasio, accanto al carradore
Gabbriello e di fronte al pastificio Enos-Innocenti. Certamente
a Firenze, i più anziani ricorderanno quella zona,
oltre la piazza S. Gervasio verso il Salviatino.
Ricordo che il Babbo controllava la cottura con un filo di saggina,
strappato alla scopa del forno e, quando rimaneva pulito,
il migliaccio era cotto. Allora via di corsa verso la bottega,
sempre con il carretto a traino manuale, prima che il migliaccio
si raffreddasse troppo, mentre il Babbo, in bicicletta, andava
avanti ad aprire la saracinesca.
Tempi andati, soltanto dei ricordi che, stemperando la farina nell'acqua,
vengono a mente...
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